Il cortocircuito dall'università al lavoro

Home

Il passaggio dall’università al mondo del lavoro rappresenta per tanti un momento estremamente difficile. In Italia I tempi di transizione scuola-lavoro sono tra i più lunghi rispetto alla media europea. Le università sono accusate di non essere adeguatamente collegate al mercato produttivo. Per comprendere meglio queste problematiche abbiamo visitato e messo a confronto tre dei maggiori centri di orientamento a lavoro della capitale. Job Soul, il centro di orientamento della Luiss e il nuovissimo Porta Futuro, finanziato dalla Provincia di Roma.
L'orientamento, però, non è l'unica questione problematica. In Italia, secondo l’indagine dell’Isfol, l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei lavoratori, condotta nel 2010 il 19% dei giovani ha fatto almeno uno stage. Dati che fanno dell’Italia una nazione di stagisti seriali. Solo il 21 per cento riceve un'offerta di contratto e di questi solo il 2 per cento è a tempo indeterminato. Oltre la metà degli stage non prevede alcun rimborso. Nel 14% dei casi non si superano i 250 euro e in un altro 17% dei casi si rimane tra i 250 e i 500 euro. E se è vero che uno stage, per lo più finisce, con una stretta di mano, è altrettanto vero che lo status di stagista non finisce quasi mai. Solo poco meno della metà riesce a fermarsi a uno. Tutti gli altri "ricominciano" da capo. Il 32,7% ha fatto due stage, il 13% tre, il 3,9% quattro, l’1,2% cinque e lo 0,7% addirittura più di cinque.
AlmaLaurea ha mostrato con il XIV Rapporto annuale la condizione occupazionale dei laureati. Il tasso di occupazione a un anno dal titolo, fra gli studenti arrivati alla laurea nel 2011, è del 69,7% per chi ha un titolo triennale, con una flessione di 9 punti percentuali rispetto a quattro anni fa, e del 56,2% fra chi ha conseguito una laurea specialistica. Numeri in flessione che riflettono le dinamiche della crisi occupazionale.
In particolare tre sono gli aspetti critici della fase di transizione: l’eccessiva durata dell’inserimento nel mercato del lavoro; la tipologia e la breve durata dei contratti e escludendo i contratti formativi di apprendistato e contratto di inserimento, nessun altro tipo d’intervento a sussidio dell’investimento in formazione continua in Italia ha come target specifico i giovani. Il rapporto tra università e ingresso del mondo del lavoro è oggi affetto da un circolo vizioso, per cui il sistema universitario è accusato di preparare studenti poco adatti al lavoro e il mondo delle imprese, a sua volta, è accusato di non valorizzare le competenze apprese all’università. E visto il clima d’instabilità che circonda l’istruzione italiana, potrebbe essere un bene ricordare ai “tecnici” di supportare realtà come Jobsoul e destinare più fondi all’orientamento e formazione post e pre-laurea, se questa sarà veramente l’unica chance per trovare lavoro.